La verità è che, sì, ho una paura fottuta
Come si può affrontare un grande cambiamento senza paura?
…la verità è che ho paura. Una paura fottuta, come dico spesso a me stessa in questi casi, per rinforzare il concetto. O forse me lo dico quando le cose mi paiono a tal punto grandi che fingo di immergermi in un’atmosfera da film, così forse paiono pure più affrontabili.
Mi siedo a scrivere questa newsletter una sera di fine marzo, una di quelle in cui la giornata ha dato la possibilità di immergersi in un clima che sa davvero di primavera, ché stamattina giravo per la casa lasciandomi rallegrare dalla luce che entrava dalle finestre e mi sono sentita felice. Di quelle che senti che sei in pieno equilibrio…giusto un attimo prima di romperlo!
“Da qui a due mesi, sarà tutto diverso” mi capita spesso di pensare in questi giorni. Non è vero, in realtà, ma credo di percepirla così ed è, pertanto, così che bussano alla porta i miei pensieri, facendomi sobbalzare.
Riavvolgiamo un attimo il nastro e contestualizziamo, perché di questi due grossi cambiamenti ho parlato su Instagram, ma non è detto che chi legge questa newsletter mi segua anche lì. Ho iniziato questo anno scolastico/lavorativo, a settembre 2023, dicendo a me stessa che desideravo un anno molto tranquillo, senza grosse rivoluzioni. Arrivavo da due anni un po’ tosti, niente di troppo grave o irrimediabile, ma decisamente frenetici sul piano del ritmo e impegnativi dal punto di vista emotivo. A settembre le acque hanno iniziato a calmarsi, ho visto terra non più così in lontananza e ho tirato un sospiro di sollievo. Anelavo alla calma.
Poi, un pomeriggio di fine settembre, mentre mi trovavo in cima alla scaletta del letto a castello di mio figlio, a pochi minuti dall’inizio di una seduta a distanza, c’è stata una vocina dentro di me che mi ha detto: “Guarda che sei incinta, fai un test”. E improvvisamente quella bambina, quella che avevo messo via insieme a molti scatoloni e altrettante lacrime, quella di cui avevano preso il nome viaggi e progetti era lì. “Il destino ha sempre più fantasia di noi” mi aveva detto un’amica tempo prima. Pare sia vero.
Il suo arrivo è un cambiamento di quelli belli, eppure fa tanta paura. È il motivo per cui sbottono un po’ l’usuale reticenza a parlare di cose personali e mi racconto qui: mi chiedete e mi viene chiesto spessissimo come affrontare i cambiamenti senza paura. I pazienti, soprattutto quando iniziano a stare bene, si stupiscono di avere paura oppure si convincono che, se hanno così paura di un cambiamento, allora forse quella non è la direzione giusta. Già, perché ci hanno insegnato che la direzione giusta è quella che non lascia spazio ai dubbi né al rischio di cadute e fallimenti. La direzione giusta, così come le relazioni giuste, è per sempre, dicono. Balle! La paura del cambiamento è insita nella natura umana. Ci sono alcuni cambiamenti, come le diagnosi di gravi malattie, che fan paura perché la loro natura ruggisce funesta. Lì - magra consolazione- un po’ di paura ce la legittimiamo, sebbene se ne parli spesso usando la narrazione del coraggio e degli eroi.
Meno concessa è la paura dinanzi alle cose belle, inattesa la paura dinanzi a ciò che è (anche) desiderato. La verità è che, anche in questo caso, si scontrano parti di noi: quella che non vede l’ora, che sperava in quel cambiamento o lo accoglie con clamore anche se inaspettato; questa è la parte che immagina, sogna, progetta: è la parte che spinge. Poi c’è la parte che inizia a porre qualche dubbio: “Ma sei sicura di farcela? Hai pensato anche che…(aggiungere dubbi a piacimento)?”. E inizi ad ascoltarle entrambe oscillando, mentre anche le tue certezze scendono un po’ dal pero. Qualcuno pensa che questa seconda parte abbia il suono dell’autosabotaggio, qualcun altro che, appunto, se ci sono dubbi simili forse quella strada non è quella più azzeccata. In realtà, è una parte che ci fa da bodyguard e che permette di realizzare, se lo decidiamo, quel progetto armati di maggiori risorse e sicurezze: i dubbi, se non si trasformano in ansia paralizzante, sono quelli che permettono di vedere gli eventuali ostacoli e di organizzarsi al meglio per affrontarli. Non significa che filerà tutto liscio, ma semplicemente che ci stiamo preparando ad affrontarlo davvero quel cambiamento. Significa che da mero sogno, ipotesi o casualità sta entrando a far parte della nostra realtà e noi stiamo cercando di capire che risorse abbiamo a disposizione per affrontarlo.
Dopo l’arrivo del mio secondo grande e inaspettato cambiamento, meno di un mese fa, mi sono ritrovata a passare le notti a battere le dita sulla calcolatrice e a riempire caselle Excel, come se quel battere facesse uscire qualche euro in più. Se ve lo state domandando, no, non aumenta la disponibilità, ma mi sono alzata poi dalla scrivania sapendo che ce l’avrei* fatta, pur un passo alla volta.
*La dicitura corretta sarebbe al plurale “ce l’avremmo fatta”, ma io ho sempre bisogno di sapere che posso stare in piedi con le mie gambe, prima di spostarmi dal singolare. Va così.
Il secondo grande cambiamento è lavorativo ed è il passaggio da studio a Centro. Lo eravamo da un po’ di tempo come nome (siamo passate da “Punto Psiche” a “Centro Il Fico” ormai più di un anno fa), ma cercavamo uno spazio nuovo, perché il nostro amatissimo studio, dopo 10 anni di onorato servizio, è diventato troppo stretto per accogliere i nostri sogni e tutte le professioni che avevamo in mente di ospitare. Sognavamo un luogo grande, con uno spazio esterno, una sala tisaneria dove incontrarci nelle pause, tante stanze, spazi adeguati ai bimbi e uno stanzone per le attività di movimento (dallo yoga alla neuropsicomotricità). Ci aspettavamo di trovare un appartamento un po’ più grande del nostro, con 4-5 stanze. E invece…invece dalla sera alla mattina (letteralmente) abbiamo deciso di andare a vedere e di prendere uno spazio che si è rivelato essere più di quanto avessimo osato sognare sin lì. Ben più grande anche il prezzo, però, e da lì le mie calcolatrici notturne e le vocine che mi dicevano: “Ma nel periodo della maternità ti metti a fare questo cambiamento, ma sei scema? E se poi non ce la fai a sostenerlo cosa fai? Guarda che se fai un passo più lungo della gamba e poi fai mancare qualcosa ai tuoi figli, io non te la perdono” e l’altra vocina: “Vai dritta, fidati: ci son treni che non ripassano, lo sai che è la scelta giusta per te!”.
Che si fa in questi casi? Altra domanda che mi viene posta spesso: “Ho davanti un grande cambiamento, la pancia (o il cuore) mi dice di andare, la testa mi dice che non dovrei: chi ascolto? Come decido?”.
Si decide ascoltandole entrambe. Qualcuno di noi -come il test di Rorschach mi ha ben insegnato- prende la prima decisione con la pancia e l’istinto (modalità extratensiva, in gergo Rorschach), qualcun altro con la razionalità (modalità introversiva, in rorscharchese). Si ingarbugliano, in genere, quelli che si soffermano solo su una delle due, in maniera rigida e pervasiva, senza lasciar campo e voce all’altra. Qualcuno lo fa bloccandosi e rimanendo fermo nella posizione di chi dovrebbe decidere, qualcun altro lanciandosi in progetti con verve da kamikaze. Se la cava chi fa parlare le due parti.
È importante ascoltare ciò che vogliamo, unendolo a una buona dose di testa e razionalità. Io sono una che, notoriamente, sceglie di primo acchito con la pancia, ma ho imparato a capire che poco dopo si attiva la testa e mette un po’ in fila le idee, dando loro un’organizzazione. Se avessi seguito solo la razionalità, avrei probabilmente detto di no al cambio dello studio, perché comporta grosse spese non previste, perché giunge esattamente nel momento in cui mi fermerò quattro mesi per la maternità e non avrei guardato più in là di questi quattro mesi, rendendomi conto che la testa si era già attivata prima e avevamo già con noi un numero tale di collaboratori da rendere questo passaggio possibile. Se avessi seguito solo la pancia, non avrei fatto bene i miei conti, non mi sarei resa conto di cosa fosse e di cosa non fosse possibile fare, non avrei (anche grazie alla mia decennale socia) messo in ordine le spese nei mesi e valutato che non sono tutte sulle mie spalle.
È bastato ad abbassare le paure? Macché. Oscillo tra il passare davanti al nuovo centro immaginandolo già arredato e attivo, sentendo che è la decisione più giusta e immaginando le attività per l’inaugurazione, e le notti in cui mi sveglio in preda ai pensieri per le spese che mi/ci aspettano.
Oscillo dall’immaginare questa bimba e dal sentire un senso di completezza che pensavo di aver già raggiunto e che invece aspettava proprio lei, dall’immaginarla felicemente in mezzo a noi al chiedermi come faremo quando ognuno avrà il suo sport, i suoi impegni, le riunioni, le sue crisi, i malanni che richiederanno di stare a casa dal lavoro…(no, non mi preoccupano i primi periodi, quelli passano, gli impegni invece aumentano con il tempo).
Perché i cambiamenti fanno naturalmente paura e la paura può avere il sapore dell’entusiasmo E anche quello dell’ansia e della preoccupazione. Non significa sia la strada sbagliata né che non siamo sufficientemente adulti per prendere decisioni (anche gli adulti se la fanno sotto, vanno in crisi, non ci dormono la notte crogiolandosi nell’incertezza). Occorre far parlare le nostre parti. È utile sia per osservare il futuro e cosa ci potrebbe aspettare, ma anche per darsi la spinta decisiva: i cambiamenti che fanno per noi sono quelli che sono effettivamente realizzabili (anche un passo alla volta, anche con qualche aiuto, anche con qualche claudicazione iniziale e qualche incertezza) perché ci mette il timbro la nostra parte più razionale -che, ricordiamolo, non sarà mai quella più convinta perché il rischio zero non esiste; i cambiamenti che fanno per noi sono poi quelli che, quando la testa decide di zittirci un attimo smettendola di gettare un’ombra ansiosa sulle emozioni, ci fanno sentire una spinta interiore, quelli che disegniamo nell’aria e non ci fanno smettere di immaginare con un un sorriso da ebete stampato in faccia (di quelli che, se ti capita sulla metro o sull’autobus, il tizio di fronte pensa che tu sia un po’ brillo), quelli che ne parleresti per ore. Quelli che ci fanno emozionare, entusiasmare e sentire che la vita un po’ più senso. O comprare - proprio come primissimo acquisto- un utilissimo costume estivo, taglia 0-3 mesi, a tema unicorno. Cose così.
E ora io non lo so se tra un paio di anni molleremo questo Centro perché era troppo o se in famiglia faticheremo moltissimo con due figli, proprio quando con uno avevamo raggiunto un buon equilibrio, ma c’è una me 70enne che mi guarda che dice che se non ci provo, poi dovrò fare i conti con lei e con i suoi rimpianti.
E io i 70enni con i rimpianti li vorrei abbracciare tutti e dargli ciò che si sono persi mentre erano attenti a non fare errori. Quando, poi, quella 70enne sono io, prima dell’abbraccio sento il dovere di darle una possibilità. Pensata, certo, ma soprattutto sentita.
P.s. l’1 marzo il Calendario Filosofico proponeva questa frase, che ho deciso di tenere in bella vista: “Apprezza gli sforzi degli altri per te. A volte non hai idea di quanto gli siano costati”. Ecco, non ho inserito in questa newsletter il tema delle risorse esterne, dei supporti che abbiamo, perché ho pensato fosse bene partire da dentro e capirci in primis noi. Tuttavia, il supporto esterno è altrettanto prezioso. So che non tutti lo abbiamo (o, in alcuni casi, non tutti ci rendiamo conto di averlo e che sia già sufficientemente solido), ma anch’esso è importante nella presa di decisioni, talvolta con un supporto emotivo, talvolta con aiuto pratico, in altri casi con entrambi. Io so di averli entrambi e su più fronti, e qui lascio il mio grazie più profondo, perché ognuna delle persone a me più vicine sta mettendo un mattoncino e mi aiuta a remare senza troppo tremare.
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E tu, caro lettore o cara lettrice, come li vivi i grandi cambiamenti? So che affrontarli (anche) con paura non è gradevole, ma hai mai pensato che quella paura avesse un suo senso e una sua utilità? Ci sono cambiamenti su cui ti sei bloccato e su cui hai rimuginato a lungo a posteriori, con rimpianto?
Come sempre, se ti va di condividere qualche riflessione, son qui!
GLI ULTIMI EPISODI DEL PODCAST "TV THERAPY"
Per capire il motivo per cui valutiamo le storie (nostre e sullo schermo) in base al finale:
Per capire perché alcuni di noi hanno reazioni di imbarazzo, rabbia, disgusto o eccitazione dinanzi alle scene di sesso (c’entra il modo in cui sono girate? A volte le infilano nella serie in modo forzato?):
È davvero difficile stare nell’indecisione: come possiamo smazzarcele? E perché l’indecisione altrui ci irrita così tanto?
Capiamo meglio i disturbi alimentari: quali sono, perché arrivano e cosa fare:
Ogni tanto i pazienti mi raccontano di trovarsi in un impasse: lamentano di non avere tempo libero, ma quando lo hanno rimangono a girare su sé stessi, come fosse difficile trovare idee per impiegarlo. In tutta onestà, capita spesso anche a me.
Quando trovo un’idea carina in giro, la segno in una apposita nota dello smartphone, che è una sorta di lista delle cose che mi piacerebbe fare o che anelo a fare, nei periodi in cui mi sento piena. Ai pazienti, suggerisco di farlo anche fisicamente: un barattolo in cui inserire tutte le idee delle cose che vorrebbero fare e di estrarre un bigliettino ogni volta in cui ne hanno occasione.
Ecco, in questo spazio sottostante, raccolgo le idee di cose fatte, viste, ascoltate nel corso del mese ed eventualmente qualche appuntamento interessante per i mesi successivi. Se ti va, puoi pescare da qui per i tuoi piccoli grandi momenti di respiro.
📖 Francesco Costa - Frontiera. Di Francesco Costa amo lo sguardo che ha sulle cose che racconta; parafrasando ciò che diceva a una presentazione di questo libro (l’11.04, a Chiari): cerca di non partire con l’intento di dare un giudizio, bensì con l’intenzione di capire. Spesso, nella quotidianità siamo così presi dal lanciare la nostra idea, in modo netto e strutturato, che ci dimentichiamo di dare uno sguardo all’esterno, di osservare, di comprendere. Mi capita di leggerlo addirittura relativamente a questioni che riguardano il mio lavoro. In questo nuovo libro, Costa ci guida lungo le contraddizioni americane e, esattamente come avviene in ambito psicologico, quelle contraddizioni possono essere comprese solo tenendo insieme le diverse parti, anziché decidendo quali cassare.
📖 Giancarlo Dimaggio - L’illusione del narcisista. Questo l’ho ricevuto in regalo dall’autore, con mio sommo piacere, dato che era uno dei libri in wishlist. Dimaggio ha la rara capacità di scrivere testi per gli addetti ai lavori utilizzando un linguaggio semplice (cosa molto utile, dato che è un ambito pieno di gente che intellettualizza in continuazione, raccontando la psicologia come fosse su un Olimpo, anziché ricordare che si tratta di una materia vicina alle persone) e di scrivere testi divulgativi senza mai dimenticare il rigore scientifico. Parla un linguaggio semplice, diretto, quotidiano. Io lo definirei “prorompente”: entra a gamba tesa su tematiche di cui si parla moltissimo e in maniera distorta, raddrizzandone il fusto. È chiaro e diretto, senza mai dimenticare una buona dose di empatia. In questo libro racconta uno dei temi di cui si occupa maggiormente: il narcisismo. Parte proprio dai luoghi comuni e dalle innumerevoli storture che si sentono sulla faccenda, ricordando che si tratta di una diagnosi e aiutandoci a guardare dentro chi la vive. Ho avuto l’impressione che ridesse dignità al disturbo e rimettesse un po’ al proprio posto chi se ne esce con frasi quali “lo stronzo e abusante narcisista” (anche perché, in molti casi…beh, la diagnosi poggia proprio sulle spalle di chi fa affermazioni simili).
🎧 Breaking Italy Night - Matteo Renzi. In realtà, stavolta non l’ho ascoltato ma sono andata a vederlo dal vivo, in teatro. Nel corso della serata si sono affrontati diversi temi: politica interna, come essa influisce sulla vita di chi la vive dall’interno, la Striscia di Gaza e la faccenda dall’Arabia Saudita… Credo che il bello di Breaking Italy è che non ci spinga a essere d’accordo con le figure che vengono intervistate, bensì lancia spunti di riflessione, anche e soprattutto nei punti più controversi (io ho trascorso diversi momenti a borbottare come una pentola di fagioli). Come sempre, ne sono uscita convinta che il punto non sia essere d’accordo, ma avere una certa cultura e competenza per cui è possibile intavolare un dialogo strutturato e sensato. È lì il bello del confronto.
🎧 Non ho nuovi podcast da suggerire (sto ascoltando “Sigmund”, ma devo ancora farmi un’idea: riordino i pensieri e vi dico).
Vi lascio i nomi di alcuni di quelli che ascolto settimanalmente:
Globo
Morning
The essential
Rame
📺 Nessuna serie nuova, ma moltissimo Bluey, che in questa casa va fortissimo e che, come sentirete in un episodio del podcast che uscirà eccezionalmente di domenica (domani, 14 aprile), ormai so a memoria!
P.s. Consigliato a TUTTI: adulti e piccini, a persone che hanno a che fare con i bambini ma anche chi i bambini li incontra solo sui mezzi. Bluey ha diversi strati e diversi registri e parla di molti temi su cui anche noi adulti ci arrocchiamo.
E per questo mese è tutto, ci rivediamo il 13 maggio con una nuova newsletter che non stressa (si spera!).
Wow che bella questa newsletter! Poi mi è comparsa in un momento della vita di grande cambiamento, guarda un po'. Nel mio caso mi trovo in una situazione un po' ambigua. Io sono una di quelle che ha sempre ascoltato il cuore e sognato in grande, infatti mi sono scontrata troppo presto con una realtà troppo cruda e tante porte le ho viste chiudersi. Questo mi ha portato a prendere altre strade ma dove col tempo ho perso un po' di cuore. Sto provando a ripartire, costruendo un mio progetto personale in cui insegno teatro agli adulti, ma la parte che voleva fare l'attrice ancora scalpita eppure lì non so e non ho voglia di capire come muovermi, è complicato e già lo so e lavorativamente parlando mi ha deluso tanto. Quindi sì, il progetto personale mi piace, ma mi fa battere il cuore? Non lo so, a volte lo sento muto sto cuore... quindi? Come si fa? Vorrei tanto chiarezza...
Da collega questa tua newsletter mi tocca molto, nascosto in un angolino del mio cuore c'è lo stesso desiderio di far crescere il mio lavoro con un progetto importante come quello di far nascere un centro clinico; da mamma di 3 bimbi, arrivati nel giro di 4 anni, posso dirti che la paura è legittima, la fatica è tanta, ma se ti dai tempo poi l'equilibrio arriva, e anche la soddisfazione. Ti faccio un grande in bocca al lupo per tutto e ti seguo sempre con affetto.