Buon pomeriggio,
Come va da quelle parti?
Siamo giunti all’ultima newsletter della stagione, quella del mio compleanno (uno dei motivi per cui la newsletter arriva il 13 del mese, numero a cui sono affezionata).
Questo mese non parto da una delle vostre lettere, ma traggo spunto da un tema su cui mi sono trovata a riflettere per conto mio e che ho ritrovato in moltissime sedute con i pazienti: il sentirsi sopraffatti, la sensazione di non farcela, di soccombere dinanzi alle cose da fare. Poi ti fermi, ci rifletti un attimo e ti rendi conto che magari sono cose piccolissime, infinitesimali direi. Eppure, sommate diventano tante. Sia chiaro: non ho la soluzione in tasca, io stessa mi sento travolta da questa cosa (del resto il nickname “iononmistresso” è ironico!!). Come sempre, mi siedo qui con voi e proviamo a rifletterci un po’ insieme. Esattamente come faccio con i pazienti in seduta: io ho qualche strumento, loro ne hanno altri. Insieme ce la portiamo a casa.
È un periodo storico in cui siamo in sovraccarico?
Questa cosa mi capita spesso in psicoterapia: ci sono argomenti “del periodo”. E non parlo solo di quanto accade nei gruppi di psicoterapia, dove spesso i pazienti fanno movimenti simili (o hanno “blocchi” simili) nello stesso periodo, ma accade in modo trasversale, anche nelle terapie individuali. Le sedute di terapia sono un interessante banco di osservazione di fenomeni sociali: permettono di osservare cosa sta scuotendo il mondo e consentono di vedere i risvolti soggettivi di quello che ci accade attorno.
Ecco, in questo periodo, moltissimi pazienti mi parlano del senso di sopraffazione. Credo sia un fenomeno frequente, in questa epoca storica (per non parlare di chi vive nella bolla milanese), ma ho l’impressione che in questo periodo sia un po’ più forte. Come mai?
Con i pazienti lavoro su due versanti: il primo è quello oggettivo e del “gruppo sociale”, il secondo è quello soggettivo. Se un fenomeno riguarda così tante persone, è possibile che stia accadendo anche qualcosa di oggettivo, che influisce sulla situazione. Dopodiché, c’è il pezzo nostro, che può aiutarci a stemperare o acuire la situazione generale.
Quanto c’è di oggettivo in questo fenomeno?
E qui veniamo al punto. Perché, sì, il pezzo oggettivo esiste: siamo realmente sottoposti a una valanga continua di stimoli, notifiche, richieste, informazioni. A volte è impossibile persino mettere un confine. Riceviamo aggiornamenti costanti su guerre, crisi, su tutto quello che -a quanto pare- stiamo sbagliando nella gestione dei figli, della salute, del tempo... Ma non solo. Ogni giorno il telefono squilla, le mail arrivano, qualcuno ci chiede qualcosa, una nuova scadenza compare, spesso nel momento meno adatto.
Magari hai appena finito di chiudere due questioni di lavoro ed ecco che arriva una mail dalla scuola, una bolletta da pagare, un foglio da inoltrare, qualcuno che (giustamente) ti ricorda la ricetta della torta promessa da settimane, l’appuntamento da incastrare in un’agenda già satura…
Sono piccole cose, certo. Cose da pochi minuti. Ma proviamo a sommarle. Quante volte al giorno il nostro cervello è costretto a un “ricalcolo percorso”? Quante volte aggiungiamo qualcosa alla lista mentale delle cose da fare?
Quindi, ok, un pezzo è dato dallo stile di vita attuale. È oggettivo.
E il pezzo soggettivo? Cosa dipende da noi?
Parlando con i miei pazienti, mi sono resa conto che, al netto della situazione oggettiva, ognuno di noi coglie una sfumatura diversa: ok, gli stimoli e le cose da fare sono tante, ma non tutti si sentono sopraffatti per le stesse ragioni.
Provate a raccontare perché vi sentite sopraffatti, cosa vi pesa e come vi piacerebbe fosse la situazione e scoprirete tante piccole differenze.
C’è chi ha un ideale molto alto da raggiungere e sente che tutto debba essere fatto alla perfezione. C’è chi teme di deludere e chi ha paura che gli altri si arrabbino, davanti a una loro défaillance. C’è chi ha interiorizzato l’idea di dover essere sempre disponibile, presente, affidabile, perché dire no è da cattivi. C’è chi legge ogni stimolo, ogni richiesta, ogni dovere con la voce di un genitore che dice: “non dimenticare questo”, “dovresti fare anche quello”…
Ed è così che le cose da fare non sono più solo cose da fare. Diventano un richiamo interno a certi nostri temi, a certe nostre dinamiche. Sta qui l’inghippo, è qui che i tanti stimoli esterni ci ingaggiano.
Per capire meglio quale sia il nostro pezzo, occorre osservarci sia nelle situazioni in cui sentiamo che la mente si riposa sia quelle che ci mandano in sbattimento. Quali sono?
Parto io: sto da dio durante le sedute di psicoterapia. Mi sono chiesta come mai. Perché sto facendo una cosa che mi piace e che è anche un “fare”, ma in quel momento non devo guardare il telefono. Badate bene: non devo guardare il telefono. Di solito, quando le persone mi chiedono qualcosa, mi mandano un messaggio o una mail, mi sento obbligata a rispondere seduta stante. Come mai? Credo di aver paura di metterle a disagio o di creare loro un disagio o che mi prendano per rifiutante (io ho un funzionamento evitante, dannazione…è tremendamente facile che chi mi sta vicino mi percepisca come respingente. Devo impegnarmi per non farlo!). Quando sono in seduta, non solo non posso farlo, ma non devo farlo: sono legittimata a non guardare telefono e notifiche, sono legittimata a non rispondere alle richieste di altri che non siano i pazienti che ho davanti. E la mia testa si sente leggera, felice di essere concentrata lì, su un unico stimolo.
A ben pensarci, mi mandano in sbattimento le piccole cose: preferisco il grosso impegno alle piccole cose che si sommano. Ho imparato a cavarmela bene con il multitasking, ma ha, per me, un costo altissimo. Ho scoperto di recente che forse non è nella mia natura, contrariamente a quanto avessi sempre pensato. Quando ho modo di concentrarmi su una cosa alla volta, ognuna nel proprio tempo e spazio, mi sento più rilassata. Le cose che si accumulano tutte insieme, piccole come granelli di sabbia che si infilano dappertutto, mi generano ansia. Anzi, angoscia.
Cosa possiamo fare per andare (un po’) meno in sbattimento? Possiamo davvero sentirci meno sopraffatti?
Non ho la soluzione in tasca, dicevo. Io procedo sempre per domande, colleziono dati e prove. Dopodiché, faccio dei tentativi per capire come fare e cosa funziona. Proviamo a lanciare qualche sassolino al riguardo, per mettere a fuoco il nostro personalissimo pezzo.
Visto che le domande potrebbero essere moltissime, le dividerei per aree (anche perché, al netto del carico di stimoli, sono diverse le aree che ci mandano in sbattimento).
1. Compiti e priorità
Davanti a questa cosa da fare… di cosa ho davvero paura? Di fare brutta figura? Di far arrabbiare qualcuno? Di deludere?
È davvero urgente? Oppure ho interiorizzato che "se non rispondo subito, valgo meno"?
Se qualcun altro avesse lo stesso mio carico, lo giudicherei inadeguato o lo comprenderei?
2. Limiti personali
Quando sento che “non ce la faccio più”, dove lo sento nel corpo? Riesco a dargli un nome?
Qual è l’ultima volta in cui ho detto di no a qualcosa, e come mi sono sentita?
Cosa succede dentro di me quando rimando qualcosa? (Colpa, ansia, sollievo?)
3. Reazioni emotive
Ci sono situazioni ricorrenti che mi mandano subito in tilt? (es: richieste all’ultimo minuto, aspettative implicite, silenzi troppo lunghi)
A cosa assomiglia questa sensazione? È una sensazione che conosco da tempo?
4. Stile personale
Come reagisco quando qualcuno mi dice di no? Lo vivo come un’offesa, una libertà, un’opzione?
Quale idea mi guida più spesso? Esempi:
– “Se non lo faccio io, nessuno lo farà”
– “Devo tenere tutto sotto controllo”
– “Non posso deludere”
Qui trovi un pdf che riassume le domande in maniera carina. Così puoi portarlo con te, stampandolo o tenendolo nello smartphone.
Mettiamo insieme le idee?
I sassolini qui sopra servono a mettere a fuoco la situazione. In genere, da lì è un po’ più naturale iniziare a capire anche cosa ci è utile fare.
Gli stimoli continueranno a essere molti, ma forse possiamo provare a gestirli un po’ meglio e questo lo si può fare alla luce di come funzioniamo noi.
Per me è stato utile, ad esempio, togliere le notifiche delle mail e mettere un risponditore automatico a mail/WhatsApp lavorativo: in questo modo le persone sanno che se non rispondo subito c’è un motivo e mi sento tranquilla nel rispondere con dei tempi più umani. Mi è più difficile tenere un confine per quanto riguarda il WhatsApp personale (su cui arrivano comunque molte cose di lavoro e richieste di cose da fare), quindi è un work in progress. Mi mandano ancora tanto in sbatti le piccole cose che si accumulano durante il giorno: le cose da guardare, da rileggere, la cosa da inviare… ma qui so che devo aspettare che i bimbi crescano un pelo (almeno l’anno prossimo, quando la piccola andrà all’asilo), così avrò dei tempi anche per fare queste cose senza incastrarle sempre o senza dover lavorare di notte. Anche qui, work in progress.
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E tu, caro lettore o cara lettrice, ti senti particolarmente sopraffatto/a in questo periodo? Cosa funziona per te? Hai qualche sassolino da aggiungere?
Come sempre, se ti va di condividere qualche riflessione, son qui!
GLI ULTIMI EPISODI DEL PODCAST "TV THERAPY"
Ve li linko qui sotto, così non dovete stressarvi a cercarli:
Si sente parlare moltissimo di resilienza, ma cos’è per davvero?
Che rapporto avete con i soldi? Avete fatto caso a quanto dice di noi?
Siete anche voi tra quelli che hanno l’ansia di viaggiare? C’è chi ha paura dell’aereo e chi di stare male in viaggio, chi ha l’ansia del programma troppo stretto e chi di perdersi delle cose…
Ogni tanto i pazienti mi raccontano di trovarsi in un’impasse: lamentano di non avere tempo libero, ma quando lo hanno rimangono a girare su sé stessi, come fosse difficile trovare idee per impiegarlo. In tutta onestà, capita spesso anche a me.
Quando trovo un’idea carina in giro, la segno in una apposita nota dello smartphone, che è una sorta di lista delle cose che mi piacerebbe fare o che anelo a fare, nei periodi in cui mi sento piena. Ai pazienti, suggerisco di farlo anche fisicamente: un barattolo in cui inserire tutte le idee delle cose che vorrebbero fare e di estrarre un bigliettino ogni volta in cui ne hanno occasione.
Ecco, in questo spazio sottostante, raccolgo le idee di cose fatte, viste, ascoltate nel corso del mese ed eventualmente qualche appuntamento interessante per i mesi successivi. Se ti va, puoi pescare da qui per i tuoi piccoli grandi momenti di respiro.
Sto procedendo sempre e solo con libri e videocorsi di lavoro (per addetti ai lavori). Sto spendendo non so quanti euro in formazione. Non più per il “non sono capace”, come avveniva in passato, ma proprio per il gusto di farlo.
Ergo, non ho libri e cose nuove da consigliarvi 🥶
I podcast sempre in ascolto: Globo (Eugenio Cau mi insegna a capire il mondo e io lo consiglio a chiunque: per quanto racconti cose terribili, è sempre tranquillizzante proprio perché permette di capire e di avere lungimiranza…poi la voce: uno Xanax vivente!), Orazio, Morning, Ci vuole una scienza, Rame, Ma perché?, Right or strong.
…e quelli spesso in ascolto: The essential, Stories, Qui si fa l’Italia, Start, Globally, Un pasto alla volta, Mitologia: le meravigliose storie del mondo, Spiegato da Will.
Vedi sopra 😂
Tenetevi liberi per sabato 11 ottobre (lo so, è presto, ma inizio ad avvisarvi): faremo un Open Day al Centro con laboratori e incontri per grandi e piccini: psicologia, yoga, pilates, massaggi shiatsu, laboratori pedagogici, workshop sulle relazioni di coppia, mindfulness, tv therapy…
E per questo mese è tutto. Ci risentiamo il 13 settembre con la prossima newsletter con non stressa! Buona estate =)
Mi sono riconosciuta molto in questa newsletter e forse si riconoscono un po' tutti in questa corsa contro il tempo. Io ho inevitabilmente ho tolto, tolto e tolto, per ritrovarmi a rinunciare anche a delle cose, delle persone, delle attività o dei luoghi che un po' mi piacevano, ma non mi convincevano del tutto. Anche dire no a uscite, appuntamenti, eventi fa parte del pacchetto. Perché sul momento, c'è la tentazione di partecipare a tutto, anche per sana curiosità. Quindi è una pulizia che si fa un po' con dispiacere, a volte, ma d'altronde è come quando sistemi l'armadio, non butteresti nulla, ma poi stai meglio. Grazie per questo ottimo spunto di riflessione!
Bellissimo tutto ma soprattutto la tua naturalezza. Errore comune credere che, perché lo fai di mestiere, tu sappia magari gestire tutto perché hai gli strumenti. Ed invece, per tutti un work in progress 🤍