Cosa cerchiamo davvero nell'amore?
Tra relazioni più o meno funzionali e ricerca di amore incondizionato
Buon pomeriggio,
Come va da quelle parti?
Mi sono resa conto solo ora, scegliendo il titolo della newsletter, che ci ritroviamo a parlare d’amore proprio nel mese che moltissime persone collegano all’amore (causa San Valentino, che sarà domani, appunto).
Scelta casuale, in realtà, perché per vicissitudini di vita io collego febbraio alla morte, ma ok…gli psicoanalisti direbbero che, in fondo, Eros&Thanatos sono le due pulsioni che muovono il mondo, pertanto un collegamento c’è.
Ho scelto la lettera di questo mese perché mi ha acceso svariate lampadine: in parte, mi ha fatta riflettere sulla dipendenza affettiva o sulle relazioni disfunzionali, di cui la lettera parla; in parte, la riflessione si è ampliata, andando a includere il modo in cui scegliamo il nostro partner. Come dico sempre ai pazienti, la scelta non è mai casuale, un po’ della serie “Dimmi con chi hai scelto di stare e ti dirò chi sei”. Ecco, qui il focus, però, non è tanto sul partner in sé quanto sulla scelta che facciamo e come quella scelta possa essere più o meno funzionale a seconda del periodo di vita in cui ci troviamo, in base a quali temi attraversano la nostre psiche.
Ho provato, quindi, a inserire nella mia risposta qualche sassolino utile al di là delle relazioni di dipendenza affettiva, in modo che ognuno di voi possa fare le proprie riflessioni, mettendo a fuoco le scelte relazionali fatte (o non fatte, perché anche quelle contano!).
“Buongiorno dottoressa
Sto leggendo il suo libro e la storia di Martina mi ha proprio colpita, era come se in quelle pagine parlasse direttamente di me e di quello che mi succede. Anche io continuo a entrare e uscire da una storia che mi fa stare tanto male. Nei momenti in cui ci sono dentro sono come ubriaca, perché non riesco a fare a meno di lui: sento che nessuno mi ha mai amato così forte e che io le cose che provo con lui non le proverò mai con nessun altro. Poi inizia a trattarmi male e quella che lei chiama “l’altra parte” mi urla di andarmene e allora provo ad allontanarmi. Quando sono lontana, so che è la cosa migliore per me, torno lucida e riesco a vedere che quello non è amore. Poi però arriva un momento in cui ricomincio a vacillare e dentro di me inizia una gara a chi urla di più: la parte che lo vuole vicino e quella che mi strattona per dirmi “cosa stai facendo? Non è amore”. Ci ricasco e tutto ricomincia, ogni tanto mi sembra che mi giri la testa. Penso di farcela, poi penso che non ce la farò mai…mentre le sto scrivendo, so bene che la scelta più giusta è quella di lasciarlo e sono convinta, ma non so quanto durerò.
M.”
Cara M.,
Intanto, grazie per aver letto il libro e per avermi poi scritto qui!
Parto un attimo contestualizzando la storia di Martina, perché immagino che molti lettori di questa newsletter non la conoscano.
Martina è una mia paziente a cui ho chiesto, come a molti altri, di poter inserire un pezzettino della sua storia nel libro (sotto pseudonimo e modificando alcune parti per renderla non riconoscibile, tutelandone la privacy). La storia di Martina è una storia di dipendenza affettiva e, nel libro, racconto un estratto di una seduta che inizia così: “Non ce l’ho fatta: gli ho scritto di nuovo”. Segue racconto della mia reazione, in cui cerco di dissimulare i movimenti del corpo e le espressioni facciali, dato che, come ogni volta in cui le pazienti che si trovano in relazioni violente (o fortemente a rischio) ci ricascano, io mi sento scissa tra una parte che ha voglia di urlare: “Perchèèèèèè?” portandole via di peso dalla situazione, e una parte che rimane lucida (è la parte psico, santa lei!) e sa che entrare in un braccio di ferro a poco serve, bensì è meglio mettersi in ascolto della parte che l’ha trascinata nuovamente lì. In genere, una parte più piccina, bisognosa d’amore. È solo capendo per bene i bisogni di quest’ultima parte che si esce dalle relazioni disfunzionali.
Fatto il riassunto, veniamo a te, M.
Lo so, è dura uscire da questo tipo di relazioni e ci sono anche momenti, come ben racconti, in cui di uscire di lì non si ha gran voglia: hanno, infatti, il grosso merito (pur fittizio) di colmare l’enorme buco che abbiamo dentro. Quale buco? Ti potresti chiedere.
Ce lo può raccontare proprio la parte più piccina, quella che ha voglia di tornare da lui e che viene da lui attirata come se avesse una calamita cucita sul petto. Il momento migliore per mettere a fuoco il buco e, quindi, il bisogno della parte più piccina è quello in cui stai ricascando tra le sue braccia.
Il bisogno di qualcuno o qualcosa nasce sempre da una mancanza: mi manca cibo nello stomaco? Ho bisogno di mangiare e sento fame; mi manca il dentifricio? Ho bisogno di comprarlo; mi manca poterne parlare con qualcuno? Sento il bisogno di scrivere a quella mia amica…
Prima di raccontarti quello che di solito manca alle Martine che siedono davanti a me in terapia, provo a lanciare qualche sassolino che spero aiuti a riflettere sul motivo per cui hai scelto questo tipo di relazione e quali calamite la portino avanti. Spero che questi sassolini possano essere utili, in generale, a chi legge questa mia risposta, per fare qualche riflessione sulle proprie relazioni.
In che periodo della vita lo hai incontrato?
Quali aspetti ti hanno coinvolta fin da subito? Se dovessi descriverlo in tre aggettivi cosa diresti? Esempi di momenti che ricalchino questi tre aggettivi?
Che descrizione di te stessa daresti quando sei con lui? E quando non lo sei?
In quali altri momenti di vita ti sei sentita in quella maniera lì?
Che tipo di relazioni c’erano in casa quando eri piccina? Com’era la coppia genitoriale? (Come comunicava, come si rapportavano tra loro, come si rapportavano con te, che ruolo sentivi di avere tu con ognuno di loro…)
Come si relazionavano alla tua autonomia? (dovevi essere per forza autonoma e responsabile, c’era un controllo su tutto ciò che facevi, c’era un buon equilibrio tra le due cose…)
Hai avuto altre relazioni con partner nella tua vita? Come li descriveresti? E in quale momento della tua vita hanno fatto capolino?
Alle Martine che siedono davanti a me in terapia, oltre a queste domande sulla loro storia, chiedo di osservare quali siano i periodi in cui hanno sentito di volersi riavvicinare al partner con cui hanno l’attuale relazione travagliata. Li guardiamo proprio da vicino, li descriviamo nei fatti e scopriamo quasi sempre che sono periodi di mancanze: momenti in cui si sono sentite più sole, momenti in cui qualcuno le ha messo in discussione e si sono sentite inadeguate, ma anche momenti che dovrebbero essere super-positivi, ma è proprio allora che fa capolino la vocina del “E con chi vorresti condividerlo?” oppure “Ahahah tu brava? Ma figurati. Sei una buona a nulla!”. Momenti in cui mancano i soldi oppure ne entrano più del previsto; questo non per una questione economica in sé, bensì per il modo in cui i soldi ci sono stati narrati per una vita in famiglia (cosa dice avere o non avere i soldi? Come ti dovresti sentire in questo momento? A che punto sei rispetto alla tua famiglia d’origine?). Momenti che -azzardo e generalizzo- fanno sentire fortemente il bisogno di un amore incondizionato, di qualcuno che le Martine le ami punto, ma che le ami forte e senza condizioni. Perché nella maggior parte dei casi quelle Martine l’amore incondizionato non lo hanno mai provato; hanno sempre avuto un amore che, per un motivo o per un altro, era un po’ bucato (il buco, ricordi?). C’è chi ha sentito i genitori poco presenti, chi li ha percepiti quasi soffocanti, ma quella vicinanza sembrava perdersi a ogni tentativo di essere una Martina diversa da quella che avevano in mente, chi li ha persi per davvero e con essi ha visto sottrarsi un pezzo di mondo e di affettuose abitudini, c’è chi ha sentito di poter essere amata solo in un certo modo (non sempre corrispondente a ciò che era o di cui avrebbe avuto bisogno)…
Tutte le relazioni partono da una mancanza o la colmano? No, non è detto. Però partono tutte dal punto in cui siamo noi e dai temi su cui siamo più o meno risolti. Le relazioni sono incontri tra bisogni. Nelle relazioni più sane, quei bisogni (di vicinanza, di supporto, di affetto, di sicurezza…) vengono soddisfatti reciprocamente, alternando la dipendenza (sana) dall’Altro alla giusta quota di autonomia. Non sono dell’idea che per stare bene con qualcuno si debba prima imparare a star bene da soli, anzi penso che a volte la cura passi (anche) dallo sguardo dell’Altro e che insieme si possa costruire un nuovo modo di stare con sé stessi e in relazione. Tuttavia, cerchiamo sempre qualcuno che ben si incastri con i nostri bisogni e se quei bisogni non sono ben risolti o, peggio, son disfunzionali. Et voilà: cerchiamo un altro che invece di mettere un cerotto sulle nostre ferite le allarga (talvolta, in maniera così silenziosa e infida che pensiamo sia la nostra pelle ad aver qualcosa che non va).
Allora sta qui il punto. Una parte di te sa bene che questa relazione non ti fa bene e spinge per andare via, ma per poterlo fare occorre capire quale bisogno abbia quella parte che cerca nel partner ciò che le è mancato. Occorre aiutarla a capire che venire via da quella relazione non implica rinunciare al bisogno (di essere amate, di sentire di valere qualcosa, di riempire un vuoto…), ma semplicemente si può cercare altrove un modo per soddisfarlo. Talvolta anche in altre relazioni, in cui non ci sia la quota massacrante. Prendila per mano quella parte lì, ne ha bisogno!
Un caloroso saluto!
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E tu, caro lettore o cara lettrice, hai mai provato a mettere a fuoco come intrecci le tue relazioni? In quali periodi si collocano? Come sono cambiate nel corso del tempo?
Come sempre, se ti va di condividere qualche riflessione, son qui!
GLI ULTIMI EPISODI DEL PODCAST "TV THERAPY"
Quello dove…The Bear ci spiega perché fatichiamo ad affrontare le emozioni difficili
Quello dove…Carol e la fine del mondo ci spiega la depressione
Quello dove…Black Mirror ci dice perché siamo attratti dall’odio
Quello dove…Mercoledì ci aiuta a capire la tristezza
Ogni tanto i pazienti mi raccontano di trovarsi in un impasse: lamentano di non avere tempo libero, ma quando lo hanno rimangono a girare su sé stessi, come fosse difficile trovare idee per impiegarlo. In tutta onestà, capita spesso anche a me.
Quando trovo un’idea carina in giro, la segno in una apposita nota dello smartphone, che è una sorta di lista delle cose che mi piacerebbe fare o che anelo a fare, nei periodi in cui mi sento piena. Ai pazienti, suggerisco di farlo anche fisicamente: un barattolo in cui inserire tutte le idee delle cose che vorrebbero fare e di estrarre un bigliettino ogni volta in cui ne hanno occasione.
Ecco, in questo spazio sottostante, raccolgo le idee di cose fatte, viste, ascoltate nel corso del mese ed eventualmente qualche appuntamento interessante per i mesi successivi. Se ti va, puoi pescare da qui per i tuoi piccoli grandi momenti di respiro.
📮Tellyst - ScreenAdvisor. Giorgia, di Tellyst.com, è la mia partner nel podcast “TV Therapy” e Venerdì è uscita con la sua newsletter “Screen Advisor”, dove ogni 15 giorni consiglia serie tv da vedere, sulla base del tempo che abbiamo a disposizione e di quelli che potrebbero essere in nostri interessi. Mi sa che si sposa bene con la faccenda “raccogliamo idee e inseriamole nel barattolo, così quando abbiamo tempo non rimaniamo a girare su noi stessi o, meglio, a sfogliare all’infinito i cataloghi dei servizi streaming”, perché sforna sempre consigli interessanti (se ascoltate il podcast o seguite la pagina instagram, potete immaginare!).
🎧 Giulia Fiumi - Ma chi ti credi di essere?. Avete presente quelle vocine del tipo “Mamma che imbarazzo: chissà cosa penseranno di te!” “Si è sempre fatto così: ora arrivi tu…Ma chi ti credi di essere?”. Quei pensieri che paiono autosabotanti, ma che in realtà danno voce alle nostre paure e che in qualche modo ci frenano dal buttarci. Giulia, marketing strategist, prova a sfatarne una a una, per aiutare le libere professioniste e le piccole imprenditrici a mollare qualche ormeggio e a navigare più facilmente nella propria professione. Al momento sono usciti i primi due episodi: “Il cliente NON ha sempre ragione” e “Lascia che siano gli altri a dirti che sei brava”.
🎧 Wild Baricco. Di Baricco non ho mai letto nulla, non a livello libresco, intendo. Ogni tanto torno sul sito della scuola Holden, da lui fondata, perché sento che mi sarebbe utile per il mio lavoro, ma poi non mi iscrivo mai. Ho amato la sua intervista. È stata fatta in occasione dell’uscita del suo nuovo libro, Abel, ed è stata occasione per parlare di relazioni, della professione di scrittore, di politica, di calcio, di fede religiosa e molto altro. Ascoltarlo è piacevolissimo e porta con sé anche tante riflessioni sugli svariati temi che tocca.
🎧 Podcast Rame. Ultimamente sono in fissa con la questione soldi. Come spesso accade, le mie fisse intrecciano vicissitudini personali e temi pregnanti per i pazienti. In questo caso, trovo sempre più spesso conferma alla mia idea per cui l’approccio dei pazienti a cibo, soldi e sesso racconti moltissimo del loro rapporto con i bisogni e con le cose in cui inciampano. Interessante raccogliere la loro storia di vita, tenendo conto anche di questi tre aspetti. A ciò si unisce la mia (personalissima, qui il lavoro non c’entra) irritazione perché “non è possibile che non si riceva un’educazione finanziaria, dovrebbero inserirla a scuola!” e quindi eccomi a cercare di capire qualcosa in investimenti, piani pensionistici e varie ed eventuali. Una notte mi sono pure ritrovata a prendere in considerazione una seconda laurea (in Bocconi), ma poi mi son resa conto che forse è un filino esagerato prendere una (costosa) semplicemente per farsi una cultura in economia e finanza. Quindi ho iniziato a leggere varie cose e, tra le varie, ho iniziato ad ascoltare (e seguire su Instagram) Rame, che ha l’obiettivo di sfatare il tabù dei soldi e li racconta attraverso le storie delle persone, con interviste che partono proprio dalla loro storia di vita, dal rapporto che le rispettive famiglie avevano con i soldi, per arrivare a mettere a fuoco il motivo di alcune scelte in materia lavorativa ed economica.
📖 Jonas Jonasson - Tre amici quasi geniali vero la fine del mondo. Vabbé, io Jonasson lo amo. Da quando, non troppo tempo fa, ho finalmente letto “Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve” l’ho pure eletto sul podio (che non ho!) dei miei preferiti. Ha uno stile scorrevole e caustico, amaro e ironico. E dato che io son una che impazzisce per gli ossimori (ce n’è molti anche nel mio lavoro, no?) e per l’umorismo poco edulcorato, non ho potuto non amare anche lui. In più Jonasson ha un’incredibile capacità di cucire personaggi di fantasia su cornici storiche reali, personaggi realmente esistiti i cui eventi clou vengono quasi sempre determinati dai protagonisti. E io i suoi libri me li immagino proprio così: fotogrammi di film su cui vengono disegnati a matita personaggi mai esistiti. La modalità è la stessa: un gruppo di improbabili protagonisti, capitanati da uno che sembra un po’ imbranatello che nella vita forse gli tireremmo degli accidenti, ma che nel libro è impossibile non amare. In questo caso il gruppo è alle prese con la fine del mondo, con “Obrama senza r” e un corrottissimo eppur simpatico presidente delle isole Condor (lo so che hai googlato per vedere dove siano 😂).
📖 Veronica Raimo - La vita è breve, eccetera. Del libro precedente, Niente di vero, vi avevo parlato in una newsletter di qualche mese fa; mi aveva colpita lo stile tagliente, a tratti irriverente, decisamente caustico e dal retrogusto amaro. Questo suo nuovo libro parte così, tanto da rivedere la vecchia protagonista (ossia lei, perché era un libro teoricamente autobiografico), ma racconto dopo racconto si incontrano donne dalle sfaccettature diverse, così come diverso è il loro tono di voce. Le relazioni in cui sono coinvolte raccontano bene quel vedere riflesse parti di sé nell’Altro, proprio come raccontavamo nella lettera di oggi. Il gusto rimane dolceamaro, spesso spigoloso, ma sempre scorrevole nella lettura.
📺 Skam 6 (Netflix) - Poche serie che hanno protagonisti gli adolescenti sanno coinvolgere trasversalmente le diverse generazioni. Skam è una di queste, perché ci riporta indietro alle nostre, di adolescenze, e allo stesso tempo ci impone di fare i conti con le nostre relazioni e con alcuni nostri inciampi attuali. La sesta stagione ha come focus i disturbi alimentari (mio grande cavallo di battaglia) e io li trovo tratteggiati molto bene: poco in superficie, per fortuna, molto nella sostanza. Va oltre i luoghi comuni dell’anoressia e, come sempre, lo intreccia ad altri temi che, in fondo, non riguardano solo i più giovani.
📺 Carol alla fine del mondo (Netflix) - Miniserie animata, vede il mondo con una vera e propria data di scadenza, davanti alla quale ognuno reagisce rivelando le proprie dinamiche. Carol appare piatta, senza grosse spinte emotive né desideri, tanto da ricalcare una buona descrizione di alcuni disturbi depressivi (tanto che le abbiamo dedicato un episodio del podcast, ad hoc). Qualcuno l’ha trovata un po’ lenta, io devo dire di averla apprezzata molto perché mi sembra descriva molto bene quanto siamo noi a trovare il gusto nelle cose, anche se spesso ci convinciamo che siano le cose che guardiamo o facciamo a dover dare gusto e colore alla nostre vita. L’onda perfetta non esiste, siamo noi che, cavalcandola o guardandola con nuovi occhi, possiamo sentirla come tale. E Carol ci arriva piano piano, mostrando come questa capacità parta da sé, ma in collaborazione con lo sguardo altrui (sempre per quella storia che non è detto che si debba imparare a star bene da soli, bensì è nel continuo integrarsi tra Sé e Altri che voltiamo pagina e indossiamo nuove lenti).
E per questo mese è tutto, ci rivediamo il 13 marzo con una nuova newsletter che non stressa (si spera!).
Ciao Alessia, è sempre bello leggerti, seguirti sui social e questa newsletter sulla dipendenza affettiva è il tema centrale del mio percorso di psicoterapia. Mi ha fatto riflettere molto, cercando di trovare un focus su altri punti di vista che sicuramente porterò con me nella stanza di terapia. È particolare come 'nessuna relazione' avvenga 'per caso', ma abbiano una importante linea consequenziale di quello che siamo, di chi portiamo in ogni relazione. Riconosco di non aver trovato ancora la persona con cui essere totalmente me stessa, rimanendo distaccata, senza mai farmi davvero coinvolgere al 100%. Spesso poi mi trovo a vacillare in queste relazioni che non mi fanno mai davvero bene, perché riconosco di dare più 'ascolto ai loro bisogni', anziché ai miei. Spero di riuscire a trovare il giusto equilibrio con me stessa e poter ricevere/dare quello di cui ho bisogno.
Grazie Alessia, con affetto una tua fan! PS: presto ritornerò anche a leggere i tuoi libri!